Introduzione
Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
L’eco di queste parole attraversa i secoli e il pane entra, insostituibile fonte di vita, nella storia di ogni uomo.
All’origine di questo dono universale è il grano, frutto di lavoro e di fatica, che, sublimato dai tormenti della macinatura, purificato dall’ardore del fuoco, si fa viatico nel cammino dell’umanità.
La mietitura della segale
I campi di segale e quelli d’orzo spiccano con le loro spighe gialle, colme di grano, in mezzo al verde degli altri campi.
È ora di mietere.
Il sole batte impietoso sulla costa, le mietitrici, curve sul loro falcetto, procedono con un ritmo antico, sempre uguale. Un manneion (mannello) alla volta e le file dritte e regolari si allungano sul campo.
Fra un paio di giorni, seccati dal sole, verranno raccolti in grandi pacchi e portati nei rascard sulla testa o sulla gerla.
La trebbiatura del grano
Nel villaggio si rincorrono ritmici colpi di bastone, provenienti dalle ere (aie) dei rascard.
È un battere e levare dal tempo costante, quasi musicale.
È la trebbiatura.
I bastoni di nocciolo, più elastici, di frassino, più duri, salgono e scendono sulle spighe che lasciano a terra il loro frutto. Verrà raccolto, pulito dalle scorie con il sapiente ondeggiare del vaglio, e portato al mulino per diventare farina e, alla fine, il pane quotidiano.

La macinatura
L’energia dell’acqua è stata da sempre un grande aiuto per l’uomo.
Anche ad Ayas è stata molto sfruttata. Lavorazione del ferro e della pietra, decorticazione della canapa, pestaggio dei cereali, infeltrimento dei tessuti di lana, macinatura del grano sono alcune delle numerose attività in cui l’acqua era fondamentale.
Molte di queste si sono perse nel tempo e pochi sono quelli che se ne rammentano. Negli anni settanta sopravvivevano solo alcuni mulini, che abbiamo filmato, ma non ad Ayas, dove l’ultimo mulino ad acqua aveva cessato l’attività un paio di anni prima.
Oggi, a Lignod, rimane il vecchio mulino completamente rimesso a nuovo.
La panificazione
All’inizio dell’inverno nei villaggi i forni si animano: è il periodo della panificazione.
Per scaldare un forno ci vuole tanta legna, perciò il forno non verrà lasciato raffreddare finché tutte le famiglie non avranno cotto il pane necessario per tutto l’anno.
Ora il pane riposerà nella stanza del pane, che si trova nel rascard, appoggiato sui rahtèllé: apposite strutture, debitamente attrezzate per impedire ai topi di mangiare il pane.

Il taglio del pane
Il pane, indurito dal tempo, per essere consumato deve passare sotto la lama del tciapiapan, ma non senza essere stato prima segnato con una croce.
I pezzi di pane sono duri, ma gustosi. Possono accompagnarsi alle salsicce e ai sanguinacci o al formaggio, oppure trasformarsi in un’ottima seuppetta (zuppa con brodo e formaggio) o ammorbidirsi nel latte, ma anche essere semplicemente sgranocchiati come spuntino.